La mostra, come si evince dal titolo, è ispirata al film “Salò” di Pier Paolo Pasolini ed è composta da una serie di nuovi dipinti e sculture.
Il lavoro di Helbig è una combinazione di contraddizioni ed intimità; l'elegante decorazione ricorda le chiese barocche e, allo stesso tempo, evoca l'atmosfera onirica del film di Pasolini.
I dipinti semi-astratti dell’artista, composti con precisione, provocano una sensazione di confusione e fascino nello spettatore. Difatti, le morbide forme geometriche e i tenui colori, sembrano leggermente alla deriva, come se stessero per emergere da uno sfondo di incertezza, pieno di possibilità. Sebbene le sue composizioni siano ancorate a ritratti, paesaggi o soggetti storici dell'arte, suggeriscono una misteriosa e remota intangibilità. Helbig ritiene che i suoi dipinti "riguardano la riduzione a uno stato irriconoscibile da cui può evolversi qualcosa di nuovo”.
Nascondere per rivelare qualcosa, criptare per rendere visibile qualcosa. La sua pennellata eterea, i toni vaporosi e la tavolozza sommessa oscillano tra il nascondere e svelare forme familiari. Alcuni dei suoi dipinti sono radicati in manuali d'arte autoprodotti, ma invece di concentrarsi sulla copia precisa lascia le opere incompiute, in una sorta di sorta apertura infinita.