Marco Cingolani - Uncanny Zone

La pittura si nutre di sogni antichi e porta in sé la consapevolezza che sono la figura e il figurare a discriminare l’esperienza. Alla radice del linguaggio e di ogni concetto c’è la figura stagliata sullo sfondo ed è questo continuo figurare dei corpi che il corpo dell’artista incarna nel suo operare. Spesso la società, in particolare quella artistica, tende a censurare lo sguardo sottoponendolo al giudizio del concetto, ma la pittura non porta con sé la scusa del senso, rimane, fortunatamente, senza “giustificazioni”, come ogni carisma. Il suo “limite” è di essere perturbante rispetto ad una società artistica che si riflette in un’arte che invece aderisce a scopi, progetti, gusti e creatività; la pittura propone invece un’alterità rispetto ad un’arte morale, adeguata e riflessiva, proprio perché è sessualità: pittura come “uncanny zone”. Le opere d’arte dipinte e disegnate sono diventate un Unheimlich, il contrario del confortevole Heimlich dell’arte che rispecchia la piccola borghesia delle merci in competizione tra di loro. Nella casa (Heim) la pittura, il disegno, diventano l’ospite inatteso, il ritornato, il rimosso che viene alla luce come splendore. La tradizionale familiarità con la pittura diventa invece oggi elemento di alterità, costringendo l’esperto a diventare contemplatore ed ammiratore: l’improvvisa inconsistenza semantica del suo ruolo corregge il difetto dell’esperto facendolo tornare al ruolo primario di sedotto. Il perturbante è logica di seduzione che produce l’affioramento del figurare. “Il 5 febbraio del 1863 Giuseppe Fiorelli, direttore degli Scavi a Pompei, fece stemperare del gesso, che venne versato in alcune cavità, in fondo alle quali si scorgevano delle ossa. Dopo aver atteso che il gesso fosse asciutto, venne tolta con precauzione la crosta di pomici e di cenere indurita.

Eliminati dunque questi involucri, vennero fuori quattro cadaveri.” Dopo millenni riaffiora il corpo creato dall’assenza del corpo, ma anche sagome di porte, armadi e sedie, radici di piante, animali. L’artista produce questo affioramento usando il proprio corpo e il proprio sguardo come metro e misura del mondo.