Lasciando fare a giornalisti, psicanalisti e ad un bel gruppo di psicologi, sparirebbero le bellezze costruite dall’uomo: quadri, statue, lampade, sedie, scontrini dell’autobus, libri e manoscritti. Sparirebbero ingoiati dall’ordine iconoclasta del tempo che distrugge e butta tutto in discarica. Invece, e per fortuna, al mondo esistono i collezionisti che, incuranti degli ammonimenti di psicologi e medici vari, comprano, conservano e accumulano. Certamente le implicazioni sessuali e compulsive sono evidenti, ma se anche il grande Freud passò un’esistenza di passione nel cercare, acquistare, e quindi possedere un’ingente collezione di reperti archeologici, perché stigmatizzare l’archeologia del presente di chi conserva lamette da barba?
Comprare quadri e sculture appartiene allo stesso meccanismo di “dominio del proprio parco giochi”, ma ha una necessità stringente ed ineludibile, proprio per il nostro essere uomini, civilizzati appunto, e non cavernicoli, che ci porta a voler modellare e modificare il mondo rendendolo più bello, allo sguardo e al pensiero. Essendo, il collezionista, fortunatamente impegnato nel proprio lavoro, non ha né il tempo né la capacità di dipingere, modellare, colorare ad arte, ma per fortuna ha i soldi e con quelli vuole concorrere a costruire e a trasmettere la bellezza prodotta dagli uomini.
Per rendere ancora più eccitante e competitiva questa nobile missione sono state inventate le aste. L’estasi del possesso è diventata estasi della paletta, introducendo finalmente la giusta dose di adrenalina, un’ulteriore energia per compiere il proprio “dovere” di complice nella bellezza. La versione moderna delle aste si è fatta ancora più intrigante, non solo perché ha moltiplicato il palcoscenico, ma perché ha aumentato le possibilità manipolative e speculative, facendole assomigliare anche ad un grande ed eccitante casinò, ovvero, una situazione che sembrava un compassato club per soli uomini e che spesso diventa una bisca clandestina.
Per ovviare ai rischi eccessivi, ai bad bid che ti lasciano senza soldi e con la fuffa in mano, per dirla alla Larry Cohen in To Bid or Not To Bid (1995), pubblicazione da cui prende spunto la mostra, le gallerie sono ancora il vero selezionatore, il discrimine tra l’eccesso e la prudenza. Le gallerie forniscono ed aggiornano il metro di giudizio a disposizione per il collezionista.
Tuttavia oggi, chi vuole una situazione tranquilla, consolidata, senza rischi e quindi senza guadagni, non si rivolga all’arte, ma direttamente alla finanza! Se invece vuole divertirsi, eccitarsi contribuendo alla persistenza dell’arte nel mondo deve fare una cosa sola: comprarla.