"Sono tedesco, ma non un artista tedesco! Sono un artista universale, nel senso che le idee di etnicità non mi interessano minimamente. Ormai è tutto ciò di cui si parla in tutto il mondo. Guardate dove porta: guerra ovunque!
Nei primi anni '70, il mondo era alla ricerca di scoprire il mondo; ora ognuno si ritira nel proprio piccolo angolo di terra. È un ritorno al Medioevo. L'eroismo arcaico di una pseudo-arte tedesca non significa nulla per me. Sono tedesco, sono australiano, sono americano, sono europeo, sono un pesce, sono un cactus. Sono un albero, sono la pioggia, sono la neve, sono tutto. Oggi il mondo è diventato così piccolo che sono ovunque.”
Klaus Rinke è un artista poliedrico che sfugge ad una categorizzazione unidimensionale. “È disegnatore, pittore, scultore, fotografo, filosofo e la sua riceerca spazia dalla performance corporea, ai paesaggi, all'azione e alla riflessione sul linguaggio [1].” Il suo contributo è stato fondamentale nei movimenti artistici radicali del suo tempo, tra cui la Performance Art, la Body Art, la Land Art, la Conceptual Art, la Process Art e l'Action Art.
Rinke è famoso per aver animato la celebre "Scena di Düsseldorf" e per il suo lungo insegnamento presso l'Accademia d'Arte di Düsseldorf, dove ha formato artisti per tre decenni. Nel 1968 cura una mostra al Kunstmuseum di Lucerna insieme a Jean Christophe Ammann, presentando giovani artisti in una mostra intitolata "The Düsseldorf Scene" [2]. Tra gli artisti inclusi vi erano Joseph Beuys, Jörg Immendorff, Imi Knoebel, Blinky Palermo, Sigmar Polke, Gerhard Richter e lo stesso Klaus Rinke.
Alla fine degli anni Sessanta, Rinke lascia la pittura per dedicarsi alla scultura, esplorando così il mondo della tridimensionalità. Decide in seguito di cambiare nuovamente medium dedicandosi alla fotografia ed utilizzando il proprio corpo come elemento centrale delle sue opere. Il suo voler esperire fisicamente lo spazio lo porta in seguito a considerare la quarta dimensione, ovvero quella del tempo [3]. A partire dal 1969, corpo, spazio e tempo diventano i temi predominanti all’interno delle sue opere performative e fotografiche [4].
Durante la sua mostra al Museum of Modern Art di New York nel 1973, Rinke affermò: “Evolvendo con l'introduzione del concetto di tempo, l'arte ha assunto la forma di un processo dinamico. Ho selezionato il corpo e i suoi movimenti come un medium sottile e facilmente comprensibile, per delineare un ABC del vedere, agire e percepire, e in definitiva, dell'essere umano in generale.” [5].
In quel periodo, Rinke sviluppò le sue prime performance, denominate "Primary Demonstrations", in cui esplorava i concetti di corpo, spazio e tempo, documentandoli attraverso sequenze fotografiche. Queste performance vedevano il corpo di Rinke agire come un "corpo universale", esplorato in tutte le sue capacità e limitazioni sia negli all’interno di spazi chiusi, come gallerie e musei, sia all'aperto, in contesti naturali.
Per accompagnare i movimenti del suo corpo, Rinke utilizza spesso orologi ferroviari tipici del suo paese nativo, un'ispirazione nata durante la sua infanzia, era infatti cresciuto vicino ad una stazione ferroviaria, dove sia suo padre, suo nonno che il bisnonno lavoravano come ferrovieri. Rinke integra all’interno della sua ricerca i concetti di "durata" e di "impermanenza" che prendono spunto dal pensiero filosofico di Henri Bergson e dal suo concetto di "Durata" o "Dauer": nell'esperienza umana, il "qui ed ora" è solo un istante fugace generato dal potere della percezione umana. Pertanto, il presente rappresenta una combinazione di "Tempo" fisico, che scorre incessantemente anche in nostra assenza. L'orologio ferroviario tedesco non solo aveva un significato biografico profondo, ma anche un valore filosofico, diventando il leitmotiv nell'arte di Rinke: riferimenti ad esso permeano tutta la sua produzione, dalla fotografia alla pittura e alla scultura [6].
Le fotografie di Rinke mostrano una ricerca meticolosa, quasi scientifica, contribuendo a creare un repertorio di linguaggio visivo rigoroso ma raffinato che fonde gesti, forme ed energie primordiali in un unicum. Piuttosto che limitarsi a registrare o estetizzare la natura e la condizione umana moderna, come spesso fecero i grandi fotografi della prima parte del secolo, le opere fotografiche di Rinke costituiscono testimonianze di un nuovo approccio concettuale, razionale e scientifico alla fotografia.
Klaus Rinke è stato uno dei pionieri della Scuola di Düsseldorf, insieme ad artisti del calibro di Joseph Beuys, Sigmar Polke, Gerhard Richter, Blinky Palermo e Günther Uecker. Già attivo a livello internazionale negli anni '60, Rinke ha operato nel contesto dei grandi movimenti artistici radicali come la Body Art, la Land Art e la Conceptual Art, senza essere riconducibile esclusivamente a uno di essi. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali in musei e istituzioni di fama mondiale, tra cui il MoMA (1973 e 1974), il Museo di Oxford (1976), la Biennale di Venezia (1977), la Documenta 6 di Kassel (1977), il MoMA PS1 (1978), il Centre Pompidou di Parigi (1985), il CCCOD di Tours (2017), lo Skulpturenpark Walfrieden - Tony Cragg Foundation (2017), il Museo di Duisburg (2019), tra altri.
BIbliografia
[3] Comunicato stampa della mostra di Klaus Rinke al Museo MoMA, 1973, p. 2.
[4] Klaus Rinke: K.R. 1939 MEZ, In IN VIVO 01/2015, Centre Pompidou, Parigi, Francia.
[5] Risorsa online: https://www.moma.org/calendar/exhibitions/2534.